Papa Francesco: liberi nella carità

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La libertà non è un valore in sé, slegata dalla realtà. Nella lettura della Lettera ai Galati, il Papa ha dedicato nelle udienze alcune catechesi alla spiegazione della libertà che San Paolo propone ai destinatari del suo scritto, quella cristiana appunto. Oggi veniamo invitati ad un passo in più, a cominciare un’altra volta ad incarnare questo dono nelle condizioni concrete della nostra vita e delle relazioni.

Il Santo Padre ribadisce ancora una volta, che la libertà, quella battesimale, è il dono più grande, quello di essere figli di Dio. Rinati in Cristo, siamo passati da una religiosità fatta di precetti alla fede viva, che ha il suo centro nella comunione con Dio e con i fratelli, cioè nella carità. Siamo passati dalla schiavitù della paura e del peccato alla libertà dei figli di Dio.

Proprio questo aspetto comunionale ci riporta nel vero senso della libertà. Essa, lungi dall’essere libertinaggio, ci permette di stare in rapporto con l’altro. E ancora ci conduce a essere – scrive l’Apostolo – «a servizio gli uni degli altri» (…) La vera libertà, in altre parole, si esprime pienamente nella carità. Ancora una volta – ribadisce Papa Francesco – ci troviamo davanti al paradosso del Vangelo: siamo liberi nel servire, non nel fare quello che vogliamo. Siamo liberi nel servire, e lì viene la libertà; ci troviamo pienamente nella misura in cui ci doniamo. Ci troviamo pienamente noi nella misura in cui ci doniamo, abbiamo il coraggio di donarci; possediamo la vita se la perdiamo (cfr Mc 8,35). Questo è Vangelo puro.

Molto concretamente, per avere un riferimento familiare alla nostra vita, è l’amore di Cristo che ci ha liberati ed è ancora l’amore che ci libera dalla schiavitù peggiore, quella del nostro io; perciò la libertà cresce con l’amore. Ma attenzione: non con l’amore intimistico, con l’amore da telenovela, non con la passione che ricerca semplicemente quello che ci va e ci piace, ma con l’amore che vediamo in Cristo, la carità: questo è l’amore veramente libero e liberante. 

Per Paolo dunque la libertà non è “fare quello che pare e piace”. Questo tipo di libertà, senza un fine e senza riferimenti, sarebbe una libertà vuota, una libertà da circo: non va. E infatti lascia il vuoto dentro: quante volte, dopo aver seguito solo l’istinto, ci accorgiamo di restare con un grande vuoto dentro e di aver usato male il tesoro della nostra libertà, la bellezza di poter scegliere il vero bene per noi e per gli altri – ci ricorda ancora il Pontefice.

Il test di questa capacità di essere liberi per servire, è proprio nella nostra quotidianità. Se la libertà non è a servizio del bene rischia di essere sterile e non portare frutto. Invece, la libertà animata dall’amore conduce verso i poveri, riconoscendo nei loro volti quello di Cristo.

Nelle ultime battute della catechesi odierna, il Papa smentisce un detto tanto spesso presente anche nelle conversazioni di noi cristiani: “la mia libertà finisce dove comincia la tua”. Ma qui manca la relazione, il rapporto! È una visione individualistica. Invece, chi ha ricevuto il dono della liberazione operata da Gesù non può pensare che la libertà consista nello stare lontano dagli altri, sentendoli come fastidi, non può vedere l’essere umano arroccato in sé stesso, ma sempre inserito in una comunità.

L’appello del Santo Padre è oggi legato strettamente al tempo storico in cui noi vogliamo incarnare questo tipo di libertà. Egli ci fa notare che soprattutto in questo momento storico, abbiamo bisogno di riscoprire la dimensione comunitaria, non individualista, della libertà: la pandemia ci ha insegnato che abbiamo bisogno gli uni degli altri, ma non basta saperlo, occorre sceglierlo ogni giorno concretamente, decidere su quella strada.