Più si è lontani dal peccato, più spazio per la grazia si crea nella nostra interiorità. Di questo ci parla la festa di oggi, quella dell’Immacolata Concezione, e questa verità ci ricorda il Papa durante l’Angelus in Piazza San Pietro.
Il riferimento, per approfondire la festa che oggi celebriamo, è quello del brano del Vangelo di Luca, cuore della liturgia odierna. A casa sua Maria riceve un ospite imprevisto, il quale la saluta e a questo saluto Maria – dice il testo – rimane «molto turbata» (Lc 1,29). Non è solo sorpresa, ma turbata. Ricevere grandi saluti, onori e complimenti a volte rischia di suscitare vanto e presunzione. Perché si sente piccola dentro, e questa piccolezza, questa umiltà attira lo sguardo di Dio.
Questo ci fa pensare al cuore di Maria. Lei è una donna che non si autocompiace, non si esalta. Perché nella sua umiltà sa di ricevere tutto da Dio. È dunque libera da sé stessa, tutta rivolta a Dio e agli altri. Maria Immacolata non ha occhi per sé. Ecco l’umiltà vera: non avere occhi per sé, ma per Dio e per gli altri.
Il fatto che questa cosa così importante per la storia dell’umanità, avvenga proprio nel luogo della vita quotidiana della ragazza di Nazareth, è per noi una buona notizia. Con quell’annuncio, tra le povere mura di una piccola casa, Dio ha cambiato la storia. Anche oggi desidera fare grandi cose con noi nella quotidianità: cioè in famiglia, al lavoro, negli ambienti di ogni giorno. Lì, più che nei grandi eventi della storia, la grazia di Dio ama operare.
Per crederci, occorre tenere sempre ben presente che il Vangelo e la nostra vita non sono disgiunti. Il Santo Padre conclude chiedendo a Maria questo dono, di vivere accesi di entusiasmo per l’ideale della santità, che non è questione di santini e immaginette, ma di vivere ogni giorno quello che ci capita umili e gioiosi, come la Madonna, liberi da noi stessi, con gli occhi rivolti a Dio e al prossimo che incontriamo.
Il Pontefice ricorda anche l’appena conclusosi viaggio apostolico a Cipro. Porta la nostra attenzione in modo particolare alla sofferenza di cui è segnata quella terra bellissima. A Cipro, come a Lesbo, ho potuto guardare negli occhi questa sofferenza – ci dice Papa Francesco –: per favore, guardiamo negli occhi gli scartati che incontriamo, lasciamoci provocare dai visi dei bambini, figli di migranti disperati. Lasciamoci scavare dentro dalla loro sofferenza per reagire alla nostra indifferenza; guardiamo i loro volti, per risvegliarci dal sonno dell’abitudine!
E conclude, affidando tutto e tutti a Maria e a San Giuseppe, al termine dell’anno a lui dedicato. La Vergine Maria e San Giuseppe ci guidino nel cammino della santità!