Tocchiamo la “carne” dei fratelli e il loro dolore

Apriamoci alle necessità dei sofferenti e dei bisognosi, non emarginiamoli. 

Il Vangelo di questa domenica (cfr Mc 7,31-37) riferisce l’episodio della guarigione miracolosa di un sordomuto, operata da Gesù. E’ il cuore della riflessione che Papa Francesco rivolge ai fedeli radunati in Piazza San Pietro per la recita dell’Angelus in questa domenica di inizio settembre.

Fare il bene senza clamori e schiamazzi

L’apostolo Marco oggi, ci riferisce la guarigione di un sordomuto compiuta da Gesu’. E la prima cosa che Gesù ci insegna, conducendo l’uomo in disparte, fa notare Francesco, è che il “bene va compiuto senza clamori o senza ostentazione”:

In questa occasione come in altre, Gesù agisce sempre con discrezione. Non vuole fare colpo sulla gente, Lui non è alla ricerca della popolarità o del successo, ma desidera soltanto fare del bene alle persone. Con questo atteggiamento, Egli ci insegna che il bene va compiuto senza clamorie e, senza ostentazione, senza “far tuonare la tromba”. Va compiuto in silenzio.  

Un Dio vicino all’uomo e alla sua vita

Gesu’ dice Francesco, “Mise le dita nelle orecchie del sordomuto e con la saliva gli toccò la lingua”, poi “alzò lo sguardo al cielo”, fino a pronunciare la parola “Effatà” che significa “Apriti”:

Questo gesto rimanda all’Incarnazione. Il Figlio di Dio è un uomo inserito nella realtà umana: si è fatto uomo, pertanto può comprendere la condizione penosa di un altro uomo e interviene con un gesto nel quale è coinvolta la propria umanità. Al tempo stesso, Gesù vuol far capire che il miracolo avviene a motivo della sua unione con il Padre: per questo, alzò lo sguardo al cielo.

Il sofferente non diventi un problema, ma va amato

Questo racconto del Vangelo sottolinea l’esigenza di una duplice guarigione. Innanzitutto la guarigione dalla malattia e dalla sofferenza fisica, per restituire la salute del corpo; Ma c’è una seconda guarigione, forse più difficile, ed è la guarigione dalla paura. La guarigione dalla paura che ci spinge ad emarginare l’ammalato, ad emarginare il sofferente, il disabile. Troppe volte l’ammalato e il sofferente diventano un problema, mentre dovrebbero essere occasione per manifestare la sollecitudine e la solidarietà di una società nei confronti dei più deboli.

Diventiamo anche noi protagonisti dell’EFFATA’

Diventiamo dunque anche noi protagonisti dell'”Effatà”, del miracolo e dell’apertura che Gesù ha compiuto sul sordomuto, questo è l’invito del Papa:

Si tratta di aprirci alle necessità dei nostri fratelli sofferenti e bisognosi di aiuto, rifuggendo l’egoismo e la chiusura del cuore. È proprio il cuore, cioè il nucleo profondo della persona, che Gesù è venuto ad «aprire», a liberare, per renderci capaci di vivere pienamente la relazione con Dio e con gli altri. Egli si è fatto uomo perché l’uomo, reso interiormente sordo e muto dal peccato, possa ascoltare la voce di Dio, la voce dell’Amore che parla al suo cuore, e così impari a parlare a sua volta il linguaggio dell’amore, traducendolo in gesti di generosità e di donazione di sé. 

Maria, Colei che si è totalmente «aperta» all’amore del Signore, ci ottenga di sperimentare ogni giorno, nella fede, il miracolo dell’«Effatà», per vivere in comunione con Dio e con i fratelli.

 

Il Papa conclude ricordando che a Loreto, ci son state le le celebrazioni e le iniziative dedicate alla famiglia, in corso al Santuario di Loreto in occasione della festa della Natività di Maria e ha poi chiesto un applauso di saluto per la nuova Beata, proclamata oggi a Strasburgo, Alfonsa Maria Eppinger, fondatrice delle Suore del Santissimo Salvatore, una “donna coraggiosa”, l’ha definita, che, “soffrendo, tacendo e pregando, testimoniò l’amore di Dio soprattutto a quanti erano malati nel corpo e nello spirito”.