Un libro mi ha fatto innamorare di Gesù, oggi sono un sacerdote e canto
Don Mimmo Iervolino è un sacerdote con la passione per la musica. Ha partecipato in varie occasioni ad eventi molto importanti come Sanremo della musica cristiana, la Giornata mondiale della gioventù a Toronto, e varie tourneè in Italia e all’estero.
È laureato in teologia spirituale e in scienze della comunicazione. Attualmente è co-parroco nella Parrocchia di San Felice in Pincis a Pomigliano d’Arco (NA).
Com’è arrivata la vocazione al sacerdozio?
Intorno ai sedici anni frequentavo un gruppo di azione cattolica, che metteva in scena delle commedie. Perché mi piaceva recitare, incominciai a parteciparvi. Un giorno una delle ragazze che frequentava il gruppo comunicò a tutti che diventava suora e che sarebbe andata in missione. Rimasi basito a questa rivelazione al punto che cominciai a farmi tante domande. Esiste davvero Dio? E se esiste che volto ha? Come mai questa ragazza parte per farsi suora lo avrà incontrato? Un giorno proprio Giovanna, ora suor Giovanna missionaria in Brasile, mi chiese di accompagnarla a un incontro per catechisti. Volentieri andai anch’io, ma gli argomenti mi sembravano troppo ostici e così decisi di uscire dalla sala. Uscendo trovai un signore a vendere dei libri. Uno di questi attirò la mia attenzione. S’intitolava “Tu conosci Gesù?” di un certo padre Antonio Fanuli. Lo comprai e cominciai a leggerlo. Esordiva così: “Tu non conosci il vero Gesù, tu conosci quello che ti ha fatto conoscere la suora del tuo paese…”. Riflettendoci il mio approccio con le suore non era stato un granché per cui davvero avevo un pessimo ricordo di quel Gesù. Continuava: “Tu conosci il Gesù che ti ha fatto conoscere il prete del tuo paese…”. Mamma mia qui davvero, riflettevo tra me, questo Gesù è tutto strano. Del prete del mio paese se ne dicevano di tutti i colori e dunque, il Gesù che mi aveva trasmesso non era “originale”. Continuava il libricino: “Prendi la Bibbia e aprila con me, ti faccio conoscere il vero Gesù…”. Curioso com’ero e desideroso di dare risposte ai miei tanti interrogativi su Dio, cominciai ad aprire la Bibbia e a farmi un’idea mia di Dio e di Gesù. Alla fine di quella lettura avevo da una parte la sensazione di essermi denudato e di scoprire quanto ero lontano da Dio, ma dall’altra mi sentivo attirare da una forza a cui non sapevo dare un nome. Mi sentivo bruciare interiormente e una pace mi invadeva e mi “costringeva” a fare dei passi. Il primo passo fu di cercare un sacerdote. Cominciai così un lento cammino di conversione e di avvicinamento a Dio fino ad approdare alla decisione di abbandonare il lavoro, ero in una fabbrica e entrare in seminario dove ebbi per padre spirituale un certo Antonio Fanuli, ossia l’autore del libricino di cui sopra. A casa i miei non potevano aiutarmi e così chiesi a Dio : “Se è tua volontà aiutami”. Una preside in pensione, contattò il rettore del seminario col desiderio di aiutare economicamente un seminarista a diventare sacerdote. Se sono sacerdote lo devo anche alla signorina Rosalba Palmieri, che per tutti gli anni di seminario mi pagò la retta. Insomma la mia vocazione sacerdotale è stata voluta e accompagnata da Dio Amore, che mi si è manifestato in tantissimi modi. Ricordo il terrore che avevo nel dovermi rimettere a studiare, ma esame dopo esame, mi sono ritrovato con due lauree, un master alla Sapienza e una scuola di alta formazione per animatori della comunicazione. Sono sacerdote da 24 anni e la presenza di Dio ancora mi incanta e mi stupisce.
Hai composto vari album e canzoni cristiane. Qual è il brano che ti rispecchia di più?
Le canzoni sono lo specchio dell’anima di quel momento in cui escono. Potrei dire che l’ultima che ho scritto certamente mi rispecchia di più. Si intitola “Somigliarti ancora”. Chiara Lubich ci insegnava che bisogna desiderare di vivere ed essere “Gesù Abbandonato”. In due parole tutta la teologia e la spiritualità che scaturisce dalla Croce. Vivere ed essere Gesù Abbandonato nell’attimo presente. Così somigliarTi ancora significa: “Ti ho amato, continuerò ad amarti”. Quest’ultima canzone andrà nel CD nuovo che sto preparando per i miei 25 anni di sacerdozio. Una parte del testo che fa da ritornello così dice:
Forte e debole, con la schiena ancora dritta
con la meta da raggiungere: somigliarTi ancora,
sulla Croce dove sei, vero uomo e vero Dio,
la risposta a tutti i miei “perché?”: somigliarTi ancora.
“Tardi ti ho amato,
bellezza così antica e così nuova,
tardi ti ho amato” (Sant’agostino),
sono ancora qui a dirti che ti amo,
a dirti che ci sono, nonostante ciò che sono.
Hai anche dedicato una canzone a Medjugorje dal titolo “Bella più bella”. Cosa rappresenta per te quel luogo?
Ultimamente ne ho scritte altre tre che andranno sempre nel mio prossimo CD, che non so ancora come l’intitolerò. Una di queste si chiama “Cari figli miei” ed è diventata l’inno degli “Apostoli della pace” nati a Medjugorje da Padre Silvano Alfieri. Ci siamo conosciuti a Casa Maria Goretti presso la Croce Blu a Medjugorje, mi spiegò il metodo di preghiera delle mille Ave Maria e dei Cenacoli degli Apostoli della Pace e così ne ho costituito uno in parrocchia. Quando seppe che ero cantautore subito mi chiese di inventare una canzone e mi diede alcuni messaggi di Maria da cui prendere spunto. La inventai, piacque, realizzai l’arrangiamento e gliela mandai, ora si trova in tutti i loro video.
Dunque, Medjugorje per me è il luogo dove attingo linfa vitale per la mia anima. Se manco più di sei mesi mi devo trovare un gruppo con cui riandarci. Le svolte più importanti sono avvenute sempre attraverso Medjugorje. La salita del Podbrdò, ma più quella del Krizvac, sono la scarica a terra della mia umanità, e il trampolino per salire al Cielo dentro e fuori di me.
Tu sei legato alla figura di Maria Valtorta ed hai anche composto un brano dedicato a lei “In fondo all’anima”. Cos’ha di speciale questa mistica?
È un faro enorme di luce di Dio nella notte più oscura di questa umanità. Proprio in questi giorni ho scoperto una persona che attraverso la Valtorta si è convertita dal razionalismo più ateo. Ha scritto diversi libri che raccontano la sua esperienza prendendo in prestito da quelli della Valtorta diverse note che Gesù dettava alla mistica. Si chiama Guido Landolina. Nel suo “Alla ricerca del Paradiso perduto (http://www.ilcatecumeno.net/001.htm) si è inventato un percorso dialogico tra lui, con le sue domande ei suoi perché e la “LUCE”, che risponde con le rivelazioni di Gesù a Maria Valtorta. Lo sto leggendo e mi piace assai, perché mi aiuta a rileggere da un’altra visuale quegli scritti. La Valtorta è stata uno strumento, infatti, lei si riteneva meno che nulla, e non fosse stata meno che nulla, Dio non si sarebbe potuto dare e manifestare in quella grande mole dei suoi scritti. Così scrive nella prefazione del libro Landolina: