Questo 27 ottobre 2021, il Senato ha approvato con il voto segreto la “tagliola” sul Ddl Zan (con 154 voti favorevoli, 131 contrari e 2 astenuti). Il disegno di legge viene così bloccato e rinviato in Commissione: non potrà essere calendarizzato per almeno sei mesi.
Il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha subito commentato il risultato dichiarando che “Il voto del Senato offre un’ulteriore considerazione nel segno del concetto stesso di democrazia: una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza. Tra l’approvazione di una normativa ambigua e la possibilità di una riflessione diretta a un confronto franco, la Chiesa sarà sempre a fianco del dialogo e della costruzione di un diritto che garantisca ogni cittadino nell’obiettivo del rispetto reciproco”.
Ricordiamo che il principale scopo del Ddl Zan era la rieducazione della società attraverso l’ideologia gender, la propaganda della lotta contro le discriminazioni era solo una scusa.
È fondamentale lottare contro ogni forma di discriminazione (sessuale, razziale…) tuttavia il nostro ordinamento tutela già l’incolumità delle persone, senza operare alcuna distinzione nel rispetto del principio di eguaglianza (ricordiamo a tal proposito gli articoli 575 c.p., 595 c.p. e 61, comma 1, n. 1 c.p.).
Il testo del Ddl Zan detta in 10 articoli le “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.
Certi articoli sono piuttosto ambigui e alcuni di loro sono stati causa di accese discussioni (in particolare gli art. 1, 4 e 7).
L’art. 1 (d) del Ddl Zan ad esempio presentava l’identità di genere come: “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione” cioè la fluidità del genere (a seconda di come ci si percepisce in un dato momento)
Nell’articolo 7 “La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione”. Il comma terzo prevede inoltre il coinvolgimento delle scuole, facendo riferimento ad attività da svolgere espressamente ossia “l’organizzazione di cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile per la realizzazione delle finalità di cui al comma 1”.
Con la bocciatura del Ddl Zan la libertà di espressione e di scelta educativa vengono preservate. Molti casi a livello internazionale documentano le numerose vicende e derive dovute a leggi simili: multe o sanzioni penali (fino al carcere) per chi ad esempio è contro l’applicazione della didattica “gender” (genitori o insegnanti) o afferma che un bambino/a nasce da un padre e una madre (e non genitore 1 o 2), a questo si aggiunge il rischio della maternità surrogata (che tuttora è vietata in Italia).
Possiamo dire che non solo in Italia ma a livello globale, l’ideologia gender è un pericolo per le generazioni attuali e future. È promossa da diverse lobby (politiche, finanziarie, associative…) ed è nostra responsabilità tutelare e proteggere la famiglia centrale nell’educazione (art. 30 Cost.: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”). La scuola “aperta a tutti” (Art.34 Cost.) è anche luogo di cittadinanza e di socialità dove vengono dati al bambino (e al futuro adulto) i “mezzi necessari per il suo normale sviluppo, sia materiale che spirituale”. In questo ambiente non ci deve essere in nessun modo spazio per ideologie di qualsiasi tipo.
Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli”.
(Carlo Alberto dalla Chiesa)