Il 15 agosto scorso i talebani hanno preso il controllo di Kabul, la capitale afghana.
Purtroppo questo scenario era scritto da tempo. Il ritiro delle truppe americane era già previsto in seguito all’accordo di Doha (il 29 febbraio 2020) tra l’allora presidente Trump e i Talebani per la fine del conflitto armato in Afghanistan.
Joe Biden finisce di attuare questo negoziato (seguito dagli altri paesi occidentali) ad inizio agosto 2021 facendo così spazio ai talebani nella loro ascesa al potere….certamente non tutta la verità è stata detta se pensiamo anche all’arsenale americano lasciato sul posto e finito nelle mani dei talebani.
Si parla di circa quaranta velivoli militari (elicotteri, droni, aerei…) ma anche armi varie, carri armati e così via.
Come abbiamo potuto vedere, questi giorni Kabul è nel caos e il suo aeroporto è stato preso d’assalto dai civili nella speranza di fuggire all’estero.
La situazione è drammatica e sempre più tesa, tutti provano disperatamente di lasciare l’Afghanistan prima della “deadline” del 31 agosto…le evacuazioni riguardano principalmente i rimpatri, ma anche afghani (in particolare i collaboratori dell’America, della Nato e delle aziende straniere). Questi giorni i talebani cercano i collaboratori casa per casa, si parla anche di violenze ed “esecuzioni sommarie di civili e soldati afghani”. I talebani hanno creato diversi posti di blocco e impediscono l’accesso allo scalo dell’aeroporto.
Nonostante gli sforzi per evacuare il maggior numero di persone possibile si annuncia che sicuramente molte dovranno rimanere là. L’Afghanistan e i suoi abitanti saranno allora abbandonati alla loro sorte malgrado la volontà di tenere aperto come detto dalla Von der Leyen “un corridoio umanitario globale”. Le truppe straniere procederanno con il loro ritiro già da questa settimana.
Il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid, nel corso della conferenza stampa convocata il 24 agosto a Kabul avvertiva: “Non prolungheremo la scadenza del 31 agosto”.
Sottolineò anche con chiarezza: “Chiediamo agli americani di cambiare politica. Per favore, non incoraggiate gli afghani a partire” aggiungendo che l’Afghanistan ha bisogno dei suoi lavoratori qualificati. Rispondendo alla domanda sulla condizione delle donne ha semplicemente detto che devono rimanere a casa per ora per la loro sicurezza e che certamente torneranno al lavoro. Quanto alla resistenza ai talebani nel Panjshir ammette che c’è stato “un piccolo problema” e aggiunge: “Non vogliamo nessuna guerra o battaglia, cerchiamo di parlare con il Panjshir, di incontrarli e risolvere i problemi. Chiediamo loro di convivere con noi da fratelli, non c’è pericolo per voi, è il vostro Paese. Abbiamo obiettivi comuni e vita comune, viviamola insieme” .
Ricordiamo che Ahmad Massoud è il figlio del comandante afghano Ahmad Shah Massoud (noto come il Leone del Panjshir). Suo padre lottò contro l’occupazione sovietica dell’Afghanistan, poi contro i talebani negli anni 90.
Il 17 agosto scorso aveva lanciato, attraverso la stampa, un appello alla resistenza. Si trova adesso nella valle del Panjshir (al Nord di Kabul) insieme all’ex vicepresidente Amrullah Saleh.
La valle è adesso assediata dai talebani che non permettono il passaggio di viveri e carburanti. Intanto, i leader stranieri rimangono sordi all’appello di Massoud che spera sempre nel loro sostegno anche se amareggiato dal rifiuto delle armi poco prima della caduta di Kabul:
“I Talebani sono pericolosi. Hanno fatto man bassa nei depositi d’armi degli americani. E non posso certo dimenticare l’errore clamoroso, che rimarrà nella storia, di coloro a cui, fino a otto giorni fa, a Kabul, ho chiesto armi e me le hanno negate. E quelle armi, quell’artiglieria, gli elicotteri, i carri armati di fabbricazione americana, oggi sono finiti proprio nelle mani dei talebani!”.
Massoud non intende arrendersi anche se in passato era disposto al dialogo con i talebani:
“Possiamo parlare. In tutte le guerre si parla. E mio padre parlava sempre con i suoi nemici”(…) “Io sono un uomo di pace e voglio il bene del mio popolo (…) Pensi se i talebani si mettessero a rispettare i diritti delle donne, delle minoranze; e la democrazia, le basi di una società aperta e tutto il resto”. Ovviamente il capo della resistenza del Nord cerca la pace prima di tutto ma anche cosciente della realtà disse una volta:
“ I resistenti del Panjshir sono uno scudo contro la barbarie. E non soltanto per il popolo afghano, ma per i liberi cittadini del mondo intero”…i combattenti sono al momento migliaia tra cui anche ragazzini armati, pronti a difendersi.
Quanto ai “potenti della terra” preferiscono parlare di G 20 straordinario allargato alla Russia, Cina, India, Arabia Saudita, Turchia con la possibilità dell’incontro a settembre.
Tutto il mondo sta a guardare, c’è chi accoglie e chi ha paura ed eleva i muri davanti allo “straniero”, suo fratello.
C’è chi fugge con i suoi sogni spezzati per il ritorno dei talebani, teme per chi è rimasto e piange per la perdita della sua terra d’origine.
Quando si ascoltano le testimonianze dei profughi afghani si sente spesso questo pensiero riguardo ai talebani (vedendo la loro violenza nel rimpossessarsi dell’Afghanistan): “come si fa a pensare che siano diversi rispetto a vent’anni fa? Per questo la gente ha paura”.
Preghiamo per l’Afghanistan e il mondo. Signore donaci la tua Pace.