Cari burocrati europei, toglieteci tutto ma non il vino!

Vino
Foto: CC0 Pixabay

La cosiddetta ‘nuova normalità’ è un concetto dalle mille sfumature. Nuove abitudini igieniche (distanziamento, frequenti lavaggi, ecc.), sanitarie (vaccini diffusi e più o meno obbligatori), lavorative (smartworking) ed ecologiche (raccolta differenziata, auto elettriche, ecc.). Nuove antropologie (famiglia arcobaleno) e nuovi lessici (neolingua politicamente corretta). E nuovi cibi. A dare manforte alla “neoalimentazione” è – tanto per cambiare – l’Unione Europea, che, come una madre iperapprensiva, ha pensato bene di dettare qualche nuova regoletta per i suoi figli così scavezzacollo e incontrollabili, anche al desco.

Ecco allora una direttiva nuova di zecca che autorizza l’uso dei vermi gialli della farina essiccati come nuovo cibo. È la prima volta che gli insetti vengono sdoganati nell’alimentazione ufficiale europea e ne viene legalizzato il commercio. Il prodotto sarà quindi fruibile sia come ingrediente per altre pietanze, sia sfuso, da assaporare quando vorremo, anche come merenda. Appena riprenderanno le feste di compleanno in casa, quindi, nessuno choc, se al buffet, assieme patatine, noccioline o lupini, vi ritroverete vermi essiccati. Niente paura, è la Commissione Europea in persona a rassicurarci: “La strategia Farm to Fork identifica gli insetti come una fonte proteica alternativa che può supportare la transizione dell’Ue verso un sistema alimentare più sostenibile”, si legge nella direttiva.

Gialli come i vermi di cui sopra, sono anche i piselli da cui si ricava il nuovo ‘latte vegano’ che la Nestlé si accinge a lanciare. Anche questa nuova bevanda, che prenderà il nome commerciale di Wunda, fa parte di una nuova politica alimentare che sta prendendo piede in svariati paesi europei. In Francia Wunda ha ricevuto il bollino A, ovvero il massimo punteggio previsto dal sistema di etichettatura Nutri-Score, con cui si indica il valore nutrizionale degli alimenti. L’etichettatura Nutri-Score è stata adottata anche dai governi di Germania, Spagna, Grecia, Belgio, Olanda e Lussemburgo e da importanti aziende e multinazionali alimentari come PepsiCo, Auchan, Danone e Kelloggs.

Avanti tutta, allora, e viva l’alimentazione sana, verrebbe da dire. E invece non tutto è oro ciò che luccica. Trattandosi di un algoritmo che schematizza al massimo le informazioni nutrizionali, Nutri-Score premia i cibi ultraprocessati, “penalizza indebitamente gli alimenti ad alto contenuto di grassi e non riesce a distinguere tra diversi tipi di grassi, alcuni dei quali sono indispensabili per la salute umana”. Ad affermarlo è il professor Philippe Legrand, direttore del Laboratorio di Biochimica della Nutrizione Umana dell’Agrocampus-INSERM. Da notare che è proprio Nutri-Score a declassare i cibi carichi di grassi sani come l’olio d’oliva, il parmigiano reggiano (classificato con una E) o il prosciutto San Daniele (classificato con la D), peraltro, tutti prodotti tipicamente italiani… Al contrario, la Coca Cola Zero ha ricevuto una B: altro indizio che dovrebbe suscitare qualche sospetto.

Il clou di questo “grande reset” alimentare, comunque, è rappresentato dall’autorizzazione, anch’essa diramata da Bruxelles, alla dealcolizzazione dei vini, inclusi quelli a denominazione d’origine. Un’operazione che rientra nel Programma d’azione dell’Unione in materia di salute per il periodo 2021-2027, che prevede anche l’apposizione di etichette per i prodotti alcolici, per scoraggiarne il consumo. Compreso il vino, che, guarda caso, è un’altra eccellenza italiana. Una misura che, al pari di quelle menzionate precedentemente, ha suscitato l’ira degli agricoltori italiani.

Secondo il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, quelli diffusi dalla Commissione Europea sono “sistemi di etichettatura Nutriscore e a semaforo, fuorvianti, discriminatori ed incompleti, che finiscono per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta”. Questo sistema di “dealcolazione parziale e totale”, prosegue Prandini, “rappresenta un grosso rischio ed un precedente pericolosissimo e che metterebbe fortemente a rischio l’identità del vino italiano ed europeo, anche perché la definizione ‘naturale’ e legale del vino vigente in Europa prevede il divieto di aggiungere acqua”.

Chi l’avrebbe mai detto? Stiamo andando verso una nuova era di puritanesimo alimentare e di semiproibizionismo. Il tutto a conferma di quanto avevamo scritto più di un mese fa su queste stesse colonne. Premettiamo che non ci scandalizza affatto che qualcuno possa apprezzare un cibo a base di insetti. San Giovanni Battista nel deserto si cibava di “locuste e miele selvatico” (Mc 1,6). Gesù stesso afferma che ciò che “rende immondo l’uomo” non è “ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna”, bensì tutte le cattive intenzioni che partono dal cuore (cfr Mt 15,17-20). In questo modo, Gesù poneva fine alle assurde e cavillose distinzioni giudaiche tra ‘cibi puri’ e ‘cibi impuri’, all’insegna di un approccio più realistico e libero alla disciplina alimentare.

Oggi, con i nuovi parametri fissati dall’Unione Europea e dalle multinazionali, stiamo regredendo al normativismo alimentare veterotestamentario. Senza alcuna certezza che questi “buoni consigli” imposti dalla politica e dai poteri forti rappresentino un vero beneficio per la nostra salute. La velata criminalizzazione degli alcolici – che va peraltro a cozzare con una diffusa mentalità antiproibizionista riguardo ai cannabinoidi e ad altre sostanze – poi, è molto più pericolosa e subdola di quanto si possa immaginare. Proviamo a immaginarci se, dopo il miracolo alle Nozze di Cana (cfr Gv 1-25), la polizia, i NAS o chissà quale altro corpo speciale avesse fatto irruzione al banchetto nuziale per controllare la gradazione alcolica di quel vino saltato fuori prodigiosamente. Una festa senza “vino” è una festa triste, quindi, una contraddizione in termini. Se è vero che non ci si salva senza portare la croce, è altrettanto vero che è impossibile salvarsi senza gioia.