La luce dell’Est: perché il dialogo catto-ortodosso può salvare l’umanità
La conclusione, lo scorso 31 ottobre, delle commemorazioni dei 500 anni della #riforma protestante, ricalibra i riflettori ecumenici sul #dialogo catto-ortodosso. Se, sul piano teologico-morale, la questione del #dialogo con le chiese riformate è quella che ha suscitato i dibattiti più appassionati e le dispute intellettuali più accese, il rapporto con le chiese orientali riveste tuttavia una maggiore importanza sul piano strategico e geopolitico. In altre parole, i destini del mondo ed in particolare della pace, si giocano molto più nel rapporto tra la Chiesa di Roma e le chiese orientali che non tra cattolici e protestanti.
Va innanzitutto ricordato che l’ecumenismo moderno nasce proprio con gli ortodossi durante il Concilio (1964), mentre l’apertura ai protestanti risale all’immediato post-Concilio, con l’incontro tra papa Paolo VI e l’arcivescovo anglicano di Canterbury, Michael Ramsey (1966). Tutto avviene durante un evento spartiacque nella storia non solo della Chiesa ma dell’intera umanità: dal 4 al 6 gennaio 1964, si svolge il primo vero viaggio internazionale di un Pontefice nella storia moderna, con il pellegrinaggio del beato Paolo VI in Terra Santa. È proprio nella culla del cristianesimo che papa Montini iniziò a porre le basi per la ricostruzione dell’unità dei cristiani. Il 5 gennaio 1964, al Phanar, per la prima volta dal 1439, un papa e un patriarca orientale – Paolo VI e Atenagora – si incontrano e recitano il Padre Nostro in latino e in greco, con il desiderio di illuminare il “buio” di una millenaria separazione, consapevoli che i sentieri percorsi per 900 anni nella lontananza, convergono inevitabilmente verso le comuni “sorgenti del Vangelo”. È il nuovo abbraccio tra “Pietro” e “Andrea” dopo molti secoli di separazione apostolica. Meno di due anni dopo (7 dicembre 1965), la dichiarazione congiunta in cui Paolo VI e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Atenagora, proclamano la fine delle reciproche scomuniche, risalenti al 1054.
Costantinopoli è dunque diventata il primo avamposto nell’incontro tra Chiesa d’occidente e Chiesa d’oriente. Un processo che ha conosciuto una sensibile accelerazione con il pontificato di San Giovanni Paolo II e con l’ormai venticinquennale patriarcato ecumenico di Bartolomeo I. Il 12 febbraio 2016, finalmente, anche Mosca entra a pieno titolo nel percorso ecumenico, con l’incontro a L’Avana tra papa Francesco e il patriarca Kirill. Un evento epocale superato in importanza storica forse soltanto dall’incontro pocanzi citato tra Paolo VI e Atenagora, 52 anni prima.