Notre Dame e Sri Lanka: è tempo per una fede eroica

Siamo reduci da una Settimana Santa e da una Pasqua particolarmente drammatiche. L’incendio alla cattedrale di Notre Dame, prima, le stragi anticristiane in Sri Lanka, poi, per concludere con l’aggressione a Roma, da parte di un marocchino, ai danni di un immigrato georgiano, reo soltanto di portare al collo un crocefisso.

Non vanno meglio le cose sui media e sul web: almeno un paio di questi eventi hanno avuto una rilevanza di gran lunga inferiore a quella che realmente meritavano. La parola “cristiani” è stata rimpiazzata da due noti ex leader politici americani con l’inedito “Easter worshippers” (adoratori della Pasqua), che sa tanto di neolingua orwelliana. Finanche nel mondo cattolico, c’è chi ha parlato di “attacco allo Stato”, quando persino i meno informati e i più miscredenti dovrebbero aver preso atto che a Pasqua l’attacco è stato contro la Chiesa.

Così va il mondo d’oggi: c’è chi i cristiani li vuole morti, chi li ignora o non li capisce, chi li rinnega. Caifa, Pilato, Giuda e Pietro, protagonisti delle Scritture dei giorni scorsi, risuonano attuali più che mai: in ognuno di questi personaggi c’è un po’ di ognuno di noi. Nessuno può dirsi automaticamente santo solo perché si è commosso nel vedere tanto accanimento contro i propri fratelli nella fede. C’è la grazia di Dio e c’è il suo perdono – la solennità della Divina Misericordia, che celebriamo domani ce lo ricorda a pieno titolo – ma non esiste al mondo un solo cristiano che non possa non riconoscersi bisognoso di quell’Amore, di quella Pietà.

Non dobbiamo farci illusioni: essere cristiani non è mai stato facile e oggi lo è ancora di meno. È un vero cristiano chi cerca costantemente il fratello, chi ha a cuore la sua comunità, ma lo è ancora di più chi sa sopportare la condizione di solitudine che spesso può comportare un cristianesimo senza compromessi. Gli altri ti tradiranno e tu li benedirai. Gli altri sceglieranno la via larga della perdizione e tu, in silenzio, ti incamminerai verso la strada stretta della salvezza. Gli altri si esalteranno con le comodità e gli idoli, e tu preferirai la povertà evangelica. Siamo però davvero disposti a questa radicalità? Sapremo lasciare tutto e seguirLo come avrebbe potuto fare il giovane ricco (cfr Lc 18,18-27) che ha perso la più grande occasione della sua vita? Non dobbiamo mai sopravvalutare né sottovalutare i nostri talenti spirituali, ricordandoci anche che il nostro affidamento a Gesù Cristo non sarà mai grande quanto il Suo affidamento a noi.

Eppure, un semplice gesto, una semplice azione, una semplice preghiera potranno essere graditi agli occhi di Dio più di tante sterili argomentazioni e più di tanti sforzi autocentrati. Prendiamo il caso del già citato incendio a Notre Dame: non si è trattato di un attacco anticristiano in senso stretto ma infonde una profonda tristezza nell’animo l’idea che quella cattedrale, uno dei simboli della cristianità europea e patrimonio dell’umanità, non fosse assicurata. Così come non è esaltante per nessuno pensare che da anni Notre Dame necessitava una ristrutturazione e che lo stato francese – proprietario di tutti beni ecclesiastici fin dai tempi di Napoleone – non avesse a disposizione i due miliardi di euro necessari per i lavori. Poi, improvvisamente, arriva un incidente evitabilissimo, che lascia molto pensare…

A Parigi, Gesù è stato “perseguitato” nella superficialità dimostrata dagli uomini nei confronti di uno stupendo simbolo, tale da ispirare uno dei più grandi capolavori della narrativa degli ultimi due secoli: Notre Dame de Paris di Victor Hugo. Non è questa la sede per indagare su quanto è successo davvero nella cattedrale parigina ma quel che è certo è che la logica del business sta prevalendo anche nella ricostruzione, come dimostrano le ingenti somme di denaro offerte a tale scopo da miliardari, probabilmente in cerca di una pubblicità di cui, francamente, non avrebbero bisogno.

Nel dramma di Notre Dame è stato però estremamente confortante e consolatorio vedere, nella laicissima Francia, gente inginocchiarsi per strada e recitare il rosario sotto gli occhi di telecamere collegate con tutto il mondo. C’è solo da rallegrarsi nel pensare che quegli oranti umili, coraggiosi (e in gran parte giovani!), con la loro preghiera potrebbero aver salvato la cattedrale da una distruzione che si prospettava totale. Se in un paese così poco religioso, che ha commesso non pochi errori (vedi qui e qui), c’è un piccolo gruppo di ragazzi che non ha avuto paura di mostrare la sua fede, andando controcorrente ed esponendosi ad eventuali scherni e censure, allora, anche per questa Europa così spiritualmente rinsecchita, c’è speranza per il futuro.

Coraggiosi sono, a maggior ragione, i fedeli di paesi come lo Sri Lanka, recatisi a messa a Pasqua, pur consapevoli di poter andare incontro alla morte. Se l’esempio dei giovani parigini è encomiabile, quello delle comunità perseguitate è quantomeno sublime. I cristiani asiatici, mediorientali o africani conservano la genuinità dei primi cristiani, hanno una fede semplice e robusta, priva delle sovrastrutture mentali tipiche di noi tiepidi credenti occidentali. Laddove noi cerchiamo il compromesso o ci perdiamo in polemiche facili, loro cercano la preghiera. Le minacce costanti hanno fatto assorbire loro il principio dell’amore per i nemici. Da sempre sono una minoranza e sanno perfettamente, nel profondo del loro cuore, che, come affermava Jozef Tischner, quando “Dio nasce, il potere trema”. Gli oltre trecento che hanno dato la vita per Cristo in Sri Lanka, forse non avevano mai letto Tertulliano ma di certo erano consapevoli che “il sangue dei martiri è il seme dei nuovi cristiani”. E qui in Occidente? Godremo ancora per molto della nostra libertà religiosa? O arriveremo al punto di autocensurarci? L’augurio è che, ciò che succede nel mondo, non ci faccia precipitare nell’angoscia ma, al contrario, ci stimoli ad apprezzare di più il dono della fede che ci è stato trasmesso.