Tante, troppe coincidenze che lasciano particolarmente sospetti. Neanche una settimana dopo la pubblicazione del rapporto McCarrick, ecco mettersi in moto la macchina del fango post mortem nei confronti di San Giovanni Paolo II. A dir la verità, l’accusa al pontefice polacco di aver più o meno direttamente coperto abusi sui minori non è affatto nuova. Quando, però, la campagna denigratoria arriva proprio da ambienti cattolici, allora è chiaro che l’episodio rischia di portare conseguenze molto serie per l’unità e per la credibilità della Chiesa.
Ma andiamo con ordine. Può non stupire eccessivamente che un quotidiano tutt’altro che baciapile come il New York Times, a distanza di parecchi anni, abbia sollevato dubbi sull’opportunità di canonizzare Wojtyla in tempi così rapidi. La damnatio memoriae lanciata da un giornale cattolico – sia pure di ispirazione progressista – come il National Catholic Reporter, tuttavia, rende evidente che ci troviamo di fronte a una rottura epocale. In un editoriale non firmato, pur riconoscendo a Giovanni Paolo II gli attributi di “uomo ammirevole”, la testata arriva a suggerire ai vescovi statunitensi di sospendere qualunque forma di culto lui dedicata. Il tutto in segno di rispetto verso le vittime di abusi. Qual è la colpa del grande papa polacco? Aver dato l’imprimatur nel 2000 alla nomina di monsignor Theodore Edgar McCarrick ad arcivescovo metropolita di Washington (creandolo poi cardinale nel febbraio 2001), nonostante i dossier poco rassicuranti sul suo conto. Un anno prima, il pontefice aveva effettivamente rinunciato a nominare McCarrick arcivescovo di New York, dietro consiglio del cardinale John O’Connor, allora titolare di quella stessa sede. Successivi confronti con l’allora nunzio apostolico negli USA, monsignor Agostino Cacciavillan, e con monsignor Giovanni Battista Re, ai tempi prefetto della Congregazione dei Vescovi, restituirono a Wojtyla un’immagine ripulita di McCarrick, destinato così a diventare figura chiave per l’episcopato statunitense, in fatto di nomine, di pubbliche relazioni e di orientamento generale della chiesa nordamericana, per tutto il decennio successivo.
La condotta scandalosa del cardinale McCarrick, che avrebbe continuato a viaggiare e a tenere conferenze, a dispetto della sua nomea di omosessuale impenitente e delle raccomandazioni a tenere un profilo basso da parte di Benedetto XVI, è rimasta sottotraccia per parecchi anni. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata nel 2017, allorché, per la prima volta, giunge in Vaticano un’accusa di abusi nei confronti di un minorenne. A questo punto, la linea ‘tollerante’ di papa Francesco è venuta meno, con la destituzione di McCarrick dal cardinalato e la sua successiva riduzione allo stato laicale. Il rapporto di 461 pagine curato dalla Segreteria di Stato ridimensiona le accuse di mancata vigilanza da parte di papa Francesco ed è stato interpretato da taluni come un’implicita accusa a Giovanni Paolo II di essere il principale responsabile delle coperture sugli abusi. Il succitato editoriale del National Catholic Reporter arriva a scrivere che Wojtyla, con le sue omissioni, avrebbe “volontariamente messo a rischio bambini e giovani adulti nell’arcidiocesi di Washington e in tutto il mondo”.
Non sono mancate pesanti accuse anche nei confronti del cardinale Stanislaw Dziwisz che, nei suoi lunghi anni in qualità di segretario di Giovanni Paolo II, avrebbe ricevuto soldi per insabbiare una serie di scandali a sfondo pedofilo, capitati in particolare nella chiesa polacca. Sempre in Polonia, ha suscitato scalpore la decisione comminata il 6 novembre dalla Santa Sede nei confronti del 97enne cardinale Henryk Gulbinowicz, arcivescovo emerito di Breslavia, impedendogli la partecipazione a qualsiasi evento pubblico, trascurando il fatto che il porporato si trovava sul letto di morte. Al momento del decesso, avvenuto il 16 novembre, sono stati impediti i funerali e la sepoltura del cardinale in cattedrale, a seguito del riconoscimento della sua colpevolezza in un caso di molestie sessuali.
Dall’altra parte della barricata, tra i difensori più strenui di Giovanni Paolo II, figura il suo biografo George Weigel. McCarrick, afferma Weigel in un suo editoriale, “non era solamente un predatore sessuale” ma anche un “autentico bugiardo patologico”, un manipolatore astutissimo, in grado di ingannare anche i prelati più navigati, né più né meno quanto vi riuscì Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, particolarmente stimato da Wojtyla, salvo poi rivelarsi un maniaco sessuale dalla doppia vita. Con McCarrick, dunque, il Papa fu “vittima di un inganno”, da parte di “un uomo di cui si fidava”, sostiene Weigel.
Le convulse vicende di questi giorni, i cui sviluppi a lungo termine sono molto difficili da prevedere, avranno sicuramente ripercussioni in almeno tre stati. Per ciò che riguarda il Vaticano, la percezione generale è che, vi sia una volontà di estirpare le piaghe purulente, anche a costo di svelare gli scheletri nell’armadio del passato e di aggravare le già marcate divisioni nella base ecclesiale. Secondo alcuni commentatori alquanto critici con l’attuale pontificato, come Aldo Maria Valli, le indagini condotte dalla Santa Sede sul conto di McCarrick tenderebbero in parte a ridimensionare le pur gravissime colpe dell’ex porporato, condannandolo in quanto abusatore di un minore ma non per la sua omosessualità praticata per anni in modo quasi ostentato e compiaciuto. Questo distinguo sarebbe strettamente legato a un presunto tentativo del Vaticano di sdoganare i comportamenti omosessuali, che spiegherebbe le recenti dichiarazioni di papa Francesco sulle unioni civili. Il caso McCarrick scuote parecchio le acque anche negli Stati Uniti, dove all’indomani di un’elezione presidenziale molto controversa, la Conferenza Episcopale, riunitasi virtualmente in assemblea plenaria tra il 16 e il 17 novembre, risulta sensibilmente spaccata tra una parte dei vescovi particolarmente attenta ai temi in agenda dell’attuale pontificato (povertà, immigrazione, ecologia), che ha manifestato il loro appoggio a Joe Biden, e i presuli più propensi alla difesa dei principi non negoziabili (diritto alla vita nascente in primis), che non hanno nascosto di preferire il presidente uscente Donald Trump. In questo scenario, sul cui sfondo vi è una chiesa statunitense più che mai intenta a curare le ferite dei recenti scandali di pedofilia, un Vaticano troppo accondiscendente con i comportamenti omosessuali e, secondo taluni, persino con la lobby lgbt, rischierebbe di spianare la strada a un’ormai quasi sicura amministrazione Biden, la più abortista e gay friendly di sempre, nonostante un presidente cattolico. Lo stesso Biden, oltretutto, nei suoi anni da vicepresidente (2009-2017), intrattenne buone relazioni con il cardinale McCarrick e questo certamente non depone a suo favore. Non meno carica di tensioni è la situazione in Polonia, dove le aspre contestazioni di piazza contro le politiche pro-vita del presidente Andrzej Duda e del premier Mateusz Morawiecki, si stanno sovrapponendo ad un’ondata anticlericale così forte, per cui è difficile pensare alla recente bufera su Wojtyla, Dziwisz e Gulbinowicz come una pura coincidenza temporale.