Papa Francesco continua a proporci nelle sue catechesi, degli elementi indispensabili per vivere nell’atteggiamento cristiano del discernimento. Oggi si sofferma in modo particolare sul ruolo che nel discernimento ha la conoscenza della propria storia, della propria vita, nella quale è visibile l’azione di Dio che si rivela.
Possiamo pensare il nostro vissuto, specie quello passato, in termini di un libro, che è lo scritto più prezioso che ci è stato consegnato, un libro che tanti purtroppo non leggono, oppure lo fanno troppo tardi, prima di morire. Eppure, proprio in quel libro si trova quello che si cerca inutilmente per altre vie. Sant’Agostino, un grande cercatore della verità, lo aveva compreso proprio rileggendo la sua vita, notando in essa i passi silenziosi e discreti, ma incisivi, della presenza del Signore.
L’esperienza del santo di Ippona, non è lontana dalla nostra. Anche noi a volte ci troviamo imprigionati da pensieri che ci allontanano da noi stessi, messaggi stereotipati che ci fanno del male: per esempio, “io non valgo niente” – e tu vai giù; “a me tutto va male” – e tu vai giù; “non realizzerò mai nulla di buono” – e tu vai giù, e così è la vita. Allora serve un esercizio nuovo. (…) per compensare, di’ qualcosa buona di te”. Perché è necessario, per andare avanti, a leggere bene la propria vita, sia le cose brutte sia le cose buone. Dobbiamo leggere la nostra vita, e così vediamo le cose che non sono buone e anche le cose buone che Dio semina in noi.
Francesco ci propone di nuovo di guardare il discernimento dal punto di vista narrativo. In questo senso il racconto delle vicende della nostra vita consente anche di cogliere sfumature e dettagli importanti, che possono rivelarsi aiuti preziosi fino a quel momento rimasti nascosti. Per esempio, una lettura, un servizio, un incontro, a prima vista ritenuti cose di poca importanza, nel tempo successivo trasmettono una pace interiore, trasmettono la gioia di vivere e suggeriscono ulteriori iniziative di bene. Fermarsi e riconoscere questo è indispensabile.
Perché a volte è così difficile trovare il bene dentro di noi e negli altri? Il bene è nascosto, sempre, perché il bene ha pudore e si nasconde: il bene è nascosto; è silenzioso, richiede uno scavo lento e continuo. Perché lo stile di Dio è discreto: a Dio piace andare nascosto, con discrezione, non si impone; è come l’aria che respiriamo, non la vediamo ma ci fa vivere, e ce ne accorgiamo solo quando ci viene a mancare.
Allora ora occorre domandarci, se siamo capaci di questo tipo di narrazione! Possiamo chiederci: io ho mai raccontato a qualcuno la mia vita? Questa è un’esperienza bella dei fidanzati, che quando fanno sul serio raccontano la propria vita … Si tratta di una delle forme di comunicazione più belle e intime, raccontare la propria vita. Essa permette di scoprire cose fino a quel momento sconosciute, piccole e semplici, ma, come dice il Vangelo, è proprio dalle piccole cose che nascono le cose grandi (cfr Lc 16,10).
Il discernimento narra tutta la vita, con le sue fatiche e con le sue gioie, senza tralasciare nulla. Quando noi proviamo a raccontarci, invocando l’aiuto di Dio, riusciamo sempre meglio a vedere con i suoi occhi. Il Papa ci lascia oggi con una bella proposta da attuare. Chiediamoci, alla fine della giornata, per esempio: cosa è successo oggi nel mio cuore? Alcuni pensano che fare questo esame di coscienza è fare la contabilità dei peccati che hai fatto – ne facciamo tanti -, ma è anche chiedersi “Cosa è successo dentro di me, ho avuto gioia? Cosa mi ha portato la gioia? Sono rimasto triste? Cosa mi ha portato la tristezza? E così imparare a discernere cosa succede dentro di noi.