C’è chi toglie i #crocifissi dalle #scuole, il #presepe e le #immagini #sacre e invece esistono #Sindaci come Roberto Di Stefano che nella sua Sesto San Giovanni ha dato inizio ad un’iniziativa, insieme alla sua amministrazione che consiste nel dare in dono un presepe alle scuole del territorio.
Lo abbiamo intervistato per Cristiani Today chiedendogli a tal proposito com’è nata l’iniziativa.
Perché insieme alla sua amministrazione avete preso la decisione di regalare il presepe alle scuole?
Abbiamo già consegnato il presepe nelle scuole proprio ieri, e la decisione nasce dal fatto che bisogna riscoprire la nostra identità, i nostri valori e la nostra cultura in una città che per molti anni aveva deciso di nascondere le nostre tradizioni e i nostri valori; noi invece, abbiamo deciso di rispolverarli perché il presepe è un simbolo della nostra storia, rappresenta la fratellanza e la pace.
Non capisco perché ci debbano essere problemi nel rivendicare quelle che sono le nostre radici anzi, mi stupisce anche la polemica da parte di una certa politica.
Invece ritengo che dobbiamo essere orgogliosi dei nostri valori e per questo la nostra amministrazione ha deciso di regalare alle scuole il presepe, proprio per coinvolgere i bambini in questo momento di gioia e di felicità che è il Natale.
Tutti noi ancora ci ricordiamo del Natale trascorso con i nostri genitori ed è per questo che vogliamo che i bambini delle nuove generazioni abbiano i nostri stessi ricordi.
Il presepe deve essere un simbolo di unione e non di divisione.
Cosa pensa invece di quei comuni o dei presidi di alcuni istituti che diversamente dalla sua amministrazione, decidono di eliminare il presepe e tutti i simboli del Natale?
Far così significa creare divisioni e spaccature e si va contro l’integrazione, significa volere abbattere la nostra identità ed appiattirla. Tutto questo diventa pericoloso perché dove manca un’identità se ne arriva una ancora più forte, si rischia oggettivamente di sottomettersi.
In questo modo vengono a mancare i valori, le radici, le tradizioni e la cultura.
Invece l’integrazione è l’opposto, deve sensibilizzare tutte le etnie. Ieri ero all’interno di queste scuole, ed erano presenti tutte le etnie.
I bambini, aldilà della propria religione vivono la nascita di Gesù come un momento di festa che nel loro percorso di integrazione devono imparare a conoscere.
Lei pensa che in questo periodo storico che stiamo vivendo, la nostra cultura si stia un po’ perdendo?
Purtroppo fin quando ci saranno realtà istituzionali e territoriali che giocano a vendere la nostra tradizione e i nostri valori … oggettivamente dico di sì, c’è una situazione di crisi e bisogna invece cambiare direzione, puntualizzando ed essere orgogliosi del nostro percorso.
Solo così si riuscirà ad avere un’identità forte che si basa sulla famiglia di tipo tradizionale. Ad oggi, se non ci fosse la famiglia che è il principale motore sociale durante una situazione di crisi, comporterebbe un problema.
La famiglia è il nido e la culla, laddove i valori e le tradizioni si trasmettono da padre in figlio, ed è importante riscoprire e valorizzare quelle che sono le nostra identità e le tradizioni che ci hanno portato al percorso che abbiamo fatto, dopo oltre 2000 anni di storia.
L’Italia è un paese aperto all’accoglienza. Secondo lei per i cittadini italiani, è un problema convivere con altre religioni e culture diverse dalla nostra?
No! A patto che non si debba abbandonare la nostra cultura e religione, proprio per una questione di accoglienza e per rispetto di chi arriva sul territorio per cui potrebbe esserci sia accoglienza che convivenza. L’importante è non perdere le nostre tradizioni, i nostri valori e la nostra cultura.
Servizio di Rita Sberna