Nato e cresciuto in povertà nell’agosto del 1681, e perso il padre da ragazzo, Giovannjello (così lo chiamavano in paese i Lucerini), entra ancora giovane tra i frati minori conventuali di Lucera, e successivamente completa il noviziato a Monte Sant’Angelo sul Gargano, dove nel 1696 emette la professione religiosa prendendo il nome di Francesco Antonio in onore dei due Santi Serafici principali dell’Ordine minoritico e della sorella maggiore.
Sette anni più tardi, viene mandato nel sacro convento di Assisi, e lì, nel 1705, diventerà sacerdote. Trasferitosi a Roma nel collegio di San Bonaventura per completare i suoi studi teologici, farà nuovamente ritorno ad Assisi fino al 1707, e infine rientrerà nella sua città natale a Lucera.
Negli anni successivi verrà eletto ministro provinciale, e inizierà un’intensa attività apostolica: annunciando la Parola di Dio sia a Lucera che nelle città circostanti, in modo particolare con le sue famose prediche quaresimali.
In san Francesco Antonio Fasani vi era una grande devozione e amore alla Madonna, tanto che amava definirsi il “suo peccatore”. Egli scriverà molto su di Lei, tanto da comporre un Mariale e altre opere minori, che innesteranno nel popolo cristiano la devozione e il culto all’ Immacolata Concezione di Maria, dogma che verrà molto tempo dopo approvato dalla Chiesa Cattolica nel 1854 .
San Francesco Antonio, era definito l’amico dei poveri e dei sofferenti; in particolare dalle testimonianze sappiamo che egli assistette i carcerati e i condannati a morte che accompagnava con pietà fino al luogo della pena capitale e, che gli darà la fama di “frate della forca”.
Quando gli rimproverano l’eccessiva benevolenza verso i peccatori, lui così rispondeva: «Quando mi presenterò al Signore per il Giudizio, gli dirò: “Sì, io sono stato davvero indulgente con tanti: ma sei stato tu a insegnarmelo!”».
Fu un religioso di predicazione popolare, di dialogo con la gente, con le famiglie; e anche per questo tutti lo chiamavano il «Padre maestro» titolo che ancora oggi e usato a Lucera per chiamare il santo.
Il 29 novembre 1742, all’inizio di una novena preparatoria alla festa dell’Immacolata Concezione, P. Francesco Antonio Fasani muore di spossatezza.
Il 16 aprile 1986, fu canonizzato dal Papa Giovanni Paolo II, che così sottolineava durante l’omelia della canonizzazione: «Predicatore instancabile, san Francesco Antonio Fasani non attenuò mai le esigenze del messaggio evangelico nel desiderio di compiacere agli uomini». Possa egli, dall’alto del Cielo, aiutarci a ricorrere instancabilmente a Colei che, per sempre immune da ogni macchia, può liberarci da tutto il male che è in noi.
Credo che davanti a figure come quella del Fasani, molto ci sarebbe da dire, basti ricordare che è stato definito da diversi studiosi e maestri dello spirito come: un santo moderno e attuale che ha molto da insegnare, soprattutto circa la preghiera, il senso di giustizia, l’umiltà e il culto autentico alla Madre del Signore.
I cristiani di oggi, al di là della devozione che un santo particolare può ispirare, hanno certamente sempre il sacrosanto dovere di imparare l’esemplarità dei santi, perché i santi Dio li suscita in ogni epoca proprio per questo, per ricordarci cioè, che la santità è possibile e che la strada da seguire seppur ardua, è sempre il Santo Vangelo.
San Francesco Antonio Fasani, come vero figlio del Serafico Padre San Francesco, ha incarnato le virtù serafiche della minorità francescana e credo che la sua vita da frate, da apostolo e da amante della Vergine Santissima, possa trasmette a noi oggi una santità semplice ed entusiasmante.