Francesco di Sales: il figlio ribelle

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Il problema di sempre. I genitori che hanno delle aspirazioni verso i propri figli, ovviamente perché li vedono come i più belli e i più dotati del mondo. E questo non sarebbe ancora problematico se non arrivasse poi realmente quella pressione che condiziona la vita dei giovani che si trovano in mezzo a questo processo! Precisamente questo è accaduto anche a Francois, un ragazzo nato nella Savoia, sul versante alpino francese. In fin dei conti egli, come desiderava il padre, divenne famoso e fu seguito, ma non esattamente per quello che era il progetto paterno!

Stiamo parlando oggi di san Francesco di Sales, a noi oggi conosciuto come dottore della Chiesa e vescovo di Ginevra. Lo festeggiamo nella Liturgia proprio il 24 gennaio. Sin da giovane destinato ad essere uomo di successo, viene istruito nell’ambito delle scienze umanistiche, prima nei rinomati collegi francesi, per concludere in bellezza con gli studi di diritto a Padova. Quest’ultimo percorso corrisponde per lui alla scoperta e alla coltivazione della chiamata alla vita dedicata a Dio. Al ritorno a casa, dopo aver conseguito la laurea, la lotta con le ambizioni del padre, si fa sempre più dura. Francesco si sente diviso interiormente. Da un lato il forte richiamo della sua vocazione, dall’altro lato la carriera davanti a lui, oltre alla splendida candidata pronta a diventare sua sposa. Con la grazia di Dio e con la sua gentile sua ostinazione, il giovane vince ogni avversità alla sua scelta del sacerdozio e viene ordinato il 18 dicembre 1593. Sin da subito si rivela come prete intelligente, capace, caritatevole ed equilibrato. Queste sue qualità brillano con ancora più forza nei tempi difficili, che deve affrontare, vivendo già la sua missione di evangelizzatore nella terra completamente conquistata dai calvinisti. Presto Francesco diventa vescovo (dapprima ausiliare) di Ginevra. Amato dalle persone per le sue qualità umane, collabora con molti, ma non manca nella sua vita la preghiera e la riflessione. È infatti conosciuto per le sue opere quali Filotea e Teotimo.

Con Francesco, nella spiritualità del tempo avviene un importante passaggio. Sia nei suoi scritti, che nella regola di vita delle monache Visitandine, cui è fondatore, sottolinea la necessità di una vita interiore coltivata, diminuendo l’enfasi, tanto praticata in quei tempi, delle pratiche ascetiche esteriori. Dedito fino alla fine alla concretezza dell’amore verso Dio e i fratelli, Francesco ha il desiderio di raggiungere il numero più grande possibile delle anime. Abbandona dunque nella sua prassi evangelizzatrice i metodi della contrapposizione e della polemica, per dare spazio al confronto dialogico. Dentro questo suo desiderio si inserisce una pratica singolare, della pubblicazione e affissione dei suoi “manifesti” nei luoghi pubblici, metodo particolarmente efficace nel contesto delle tensioni con i calvinisti. Questa sua intuizione, fa sì che egli diviene nel 1923 patrono dei giornalisti.

Figlio ribelle, dunque, ma testimone di una “ribellione divina”, contrassegnata appunto dall’uso dell’intelligenza e della spiritualità, allo scopo in primis di realizzare la propria chiamata, poi per portare avanti la sua missione e fare del bene ai tanti fratelli e sorelle che della sua soave ostinazione hanno beneficiato.