Il #2018 ha segnato il compimento dei primi cinque anni di pontificato di #papaFrancesco. Il governo della #Chiesa da parte del pontefice argentino è entrato in una fase di consolidamento dell’immagine e del pensiero dello stesso #Bergoglio. Se, per certi versi, dopo più di un lustro, la ventata di novità sembra essersi esaurita, l’anno che si conclude ha fatto registrare un’attività del Papa non meno intensa degli anni passati. Non c’è più il clamore intorno ai primi curiosi “buonasera” e “buon pranzo” o alle frequenti interviste. Anche gli ormai proverbiali discorsi a braccio e i fuoriprogramma non fanno più notizia, così come sono in parte scemate le diatribe intorno alla persona del Santo Padre o al gradimento/sgradimento riguardo alle riforme e novità impresse dal suo pontificato. Con meno riflettori puntati, meno gossip e meno superficialità, sarà però anche più agevole osservare come Francesco sta realmente lavorando, su cosa sta concentrando i suoi sforzi e verso quali fronti ha principalmente rivolto la sua attività durante il 2018.
LOTTA AGLI ABUSI. È probabilmente l’argomento che ha più tenuto banco nelle cronache ecclesiali durante l’anno quasi concluso. Si è molto discusso, durante le ultime settimane estive, del caso Viganò, tuttavia il vespaio di polemiche che ne è conseguito, non deve distogliere l’attenzione dai provvedimenti che il Papa e la Santa Sede hanno messo in campo, riguardo agli scandali degli abusi sessuali del clero nei confronti dei minori. Vanno registrate, tra le altre cose, lo scandalo che ha travolto il cardinale George Pell, ormai in odore di dimissioni dal C9, la rimozione dal cardinalato dell’arcivescovo emerito di Washington, Theodore McCarrick, e la destituzione in blocco dell’intera conferenza episcopale cilena. Per il 21-24 febbraio 2019, è stato convocato il vertice straordinario con i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo, dove il Santo Padre si avvarrà di uno speciale team di esperti. Intanto ancora risuonano fortissime le parole della Lettera al popolo di Dio, in cui richiama l’attenzione dell’intero corpo ecclesiale sul dramma degli abusi. Anche nel recente discorso di auguri natalizi alla Curia Romana, il Pontefice non ha usato mezzi termini, esortando ai sacerdoti e vescovi responsabili degli scandali di “consegnarsi alla giustizia”, ricordando loro che un giorno “verrà il giudizio divino”.
GIOVANI. Sono stati i protagonisti dell’ultima assemblea sinodale (3-28 ottobre 2018). Pur con tutti i limiti intrinseci allo strumento sinodale, questo evento ecclesiastico ha avuto il merito di mettere per la prima volta a confronto la gerarchia episcopale con la realtà concreta della gioventù di tutto il mondo. La vocazione, tema principale del Sinodo, è stata affrontata nella sua universalità, non esclusivamente nella sua accezione clericale. Da parte sua, il Santo Padre ha colto l’occasione del Sinodo, per inquadrare al meglio un topos del suo pontificato: l’alleanza giovani-anziani. Eventuali decisioni strategiche sul tema delle vocazioni giovanili sono comunque da rimandare alla pubblicazione della relativa esortazione post-sinodale. Nel frattempo, un primo banco di prova per l’ultimo Sinodo sarà rappresentato dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Panama (22-27 gennaio 2019).
LIBERTA’ RELIGIOSA. Più volte, il Pontefice ha richiamato l’attenzione sulle persecuzioni anticristiane, oggi più aggressive e massicce che ai primordi del cristianesimo. Il fenomeno, ormai, non coinvolge più soltanto l’Africa o l’Asia ma anche l’America Latina (emblematico quello che succede in Nicaragua e Venezuela) e persino in Europa (si pensi alle decine di chiese incendiate in Francia, dove nell’estate 2016 è stato martirizzato padre Jacques Hamel). Migliora, invece, la situazione in Iraq, con il ritorno di circa 9000 famiglie presso le loro abitazioni nella Piana di Ninive. Papa Francesco ha elogiato l’esempio dei martiri copti assassinati un paio d’anni fa lungo le spiagge libiche e ha personalmente inaugurato la campagna Candele di pace in Siria, promossa da Aiuto alla Chiesa che Soffre, accendendo la prima candela. Sullo sfondo rimane il complesso caso di Asia Bibi: per ragioni di prudenza, il Papa non si pronuncia pubblicamente in merito, tuttavia lo scorso marzo ha incontrato il marito e le figlie della donna pakistana, donando loro un rosario, con cui lei stessa, con somma gioia, ha pregato durante gli ultimi mesi di detenzione.
MEDJUGORJE. Tra Santa Sede e devoti delle apparizioni mariane nella località bosniaca, il clima è decisamente più disteso che nei primi anni di pontificato. Lo scorso 31 maggio, Francesco ha nominato monsignor Henryk Hoser visitatore apostolico permanente a Medjugorje ma è ancora lontano il riconoscimento delle apparizioni. Mentre rimane in ballo l’ipotesi della trasformazione della parrocchia di Medjugorje in santuario e la sua scorporazione dalla diocesi di Mostar, i pellegrinaggi sono ormai sdoganati. Sembrano lontani i tempi in cui parlava di “Madonna postina”, tuttavia ancora adesso Bergoglio è convinto che i veggenti scambino per apparizioni mariane quelle che, secondo lui, sarebbero soltanto locuzioni interiori. Ciononostante, ha ammesso, “a Medjugorje, Dio fa miracoli”. Anche quanto dichiarato dalla fondatrice di Nuovi Orizzonti, Chiara Amirante, autorizzata dal Papa a riferire dei loro colloqui privati, lascia intendere una ‘inversione a U’ delle opinioni di Francesco riguardo a Medjugorje: “Puoi dire che ho a cuore Medjugorje, molto a cuore. E che mi sto muovendo col mio delegato Hoser, proprio per custodire tutto ciò che di bello c’è a Medjugorje!”, avrebbe confidato il Pontefice alla Amirante, aggiungendo di essere stato lui a ‘salvare’ Medjugorje dai dossier ostili della Congregazione della Dottrina della Fede.
DIPLOMAZIA. La diplomazia vaticana si trova in forte difficoltà in Medio Oriente, in particolare in Iran: gli USA si sono defilati dall’accordo sul nucleare del 2015, per il quale la Santa Sede aveva avuto un ruolo decisivo nella mediazione. Grosse opportunità e incredibili sviluppi, invece, in estremo Oriente, dove l’insperato disgelo tra le due Coree, dopo settant’anni, ha suscitato l’attenzione della diplomazia vaticana, fino alla sorprendente conferma: lo scorso 18 ottobre, dopo la visita in Vaticano del presidente sudcoreano Moon Jae-in, papa Francesco si è detto disponibile ad andare in Corea del Nord, se da Pyongyang arriverà un invito ufficiale. Una clamorosa svolta, se si pensa che, appena all’inizio di quest’anno, il Santo Padre aveva mostrato tutta la sua preoccupazione per l’escalation nucleare nel mondo, distribuendo ai giornalisti del volo papale diretto a Santiago del Cile, la foto di un bambino giapponese, che si trascina sulle spalle il corpo del fratellino morto nell’esplosione di Nagasaki del 1945. Pochi mesi dopo ha avuto luogo l’incontro tra i due leader coreani, seguito da quello non meno eclatante tra Kim Jong-un e Donald Trump a Singapore, il 12 giugno scorso, a poco più di un anno da una crisi diplomatica che avrebbe potuto avere conseguenze devastanti.
Il più rilevante successo della diplomazia vaticana è stato comunque il primo passo nella riconciliazione con la Cina. Con l’accordo dello scorso 22 settembre, il Vaticano riammette alla comunione con Roma i vescovi dell’associazione patriottica, precedentemente compromessa con il regime maoista. La designazione dei candidati episcopali avverrà dal basso, su impulso delle diocesi, poi dell’associazione patriottica, del governo cinese, fino alla decisione ultima e insindacabile del Vescovo di Roma.
DIRITTO ALLA VITA. Ha suscitato i commenti ostili dei più conservatori, la modifica del Catechismo, in cui, al n° 2267, viene dichiarata inammissibile tout court la pena di morte, precedentemente tollerata in alcuni sporadici casi. In continuità con il magistero precedente, tuttavia, Francesco dimostra di avere a cuore il diritto alla vita nella sua integralità, dal concepimento alla morte naturale. Lo scorso 10 ottobre, durante l’udienza generale, ha paragonato l’aborto ad “affittare un sicario per risolvere un problema”. Frase che ha suscitato inquietudine proprio in quel mondo laico che, soprattutto nei primi anni di pontificato, aveva guardato con interesse alle ‘aperture’ del Papa argentino. Più volte nel corso del 2018, Bergoglio ha ribadito la condanna dell’eutanasia, tuttavia, il gesto più memorabile rimane l’appello per la vita del piccolo Alfie Evans, dopo aver ricevuto in Vaticano il papà Tom. Né questo vibrante richiamo, né la disponibilità dell’Ospedale Bambino Gesù per una cura alternativa, hanno potuto evitare la morte del bimbo inglese, tuttavia è giunto forte e chiaro a tutto il mondo un segnale: sulla sacralità della vita, la Chiesa non fa marcia indietro.
SANTI E SANTITA’. Gaudete et exsultate, terza esortazione apostolica di Francesco, pone in risalto i connotati della santità, ribadendone l’universalità della chiamata. Tutti possiamo davvero diventare santi, non è necessario lo stato sacerdotale o religioso come punto di partenza. La santità non si guadagna tanto con gesta eroiche o memorabili, quanto con la fedeltà quotidiana a Cristo. Tra le canonizzazioni dello scorso 14 ottobre, spiccano quelle di Paolo VI e di Oscar Arnulfo Romero, mentre, durante tutto il 2018, le beatificazioni di laici sono state almeno cinque, senza contare due gruppi di martiri. Tra le beatificazioni in programma per il prossimo anno, c’è grande attesa per quella di Benedetta Bianchi Porro (1936-1964), una laica che offrì la sua malattia come strumento di santificazione.
MEDIA. Anche durante il 2018, papa Francesco si è confermato il pontefice più a suo agio nelle relazioni con i media. Tra le interviste più significative si segnalano quella al Sole 24 Ore (7 settembre 2018), quella nel docufilm diretto da Wim Wenders e le due interviste sulla Vergine Maria: È mia Madre (Città Nuova), libro realizzato con monsignor Alexandre Awi Mello, e lo speciale in undici puntate, condotto da don Marco Pozza, trasmesso su TV2000 e trascritto nel volume Ave Maria (Rizzoli). Prosegue intanto, pur tra molte difficoltà e controversie, la riforma dei media vaticani: l’incidente di percorso delle dimissioni, tra mille polemiche, del prefetto del Dicastero delle Comunicazioni, monsignor Dario Edoardo Viganò, non ha fermato il processo di rinnovamento in corso, come dimostrano le nomine di Paolo Ruffini, come successore di Viganò, e quelle recentissime e altrettanto significative di Andrea Tornielli e Andrea Monda, rispettivamente a direttore editoriale del medesimo Dicastero e direttore dell’Osservatore Romano. A conferma del ruolo sempre più incisivo dei laici nella Chiesa semper reformanda di Bergoglio.